Archi-Vitruvio: il solaio più incredibile di tutti, il sottotetto di San Petronio
il solaio piu' incredibile di tutti, il sottotetto di San Petronio
a cura di Emilio Pieraccioni
Sempre restando in centro a Bologna, qualche anno fa si prospettò la possibilità di un nuovo percorso che ci avrebbe reso possibile visitare un sito molto particolare. Sempre in alto, sempre all'interno della Basilica di San Petronio, ma al chiuso. Di che luogo si trattava? Dell'enorme solaio della Basilica, il suo incredibile sottotetto. Riuniva in sè un fascino capace di trascendere stimoli e paure, così in alto da causare le vertigini in quei tratti che permettevano la vista sottostante, così angusto in altri passaggi da provocare la claustrofobia, così sproporzionato nelle dimensioni eppur intimo per la sua natura di solaio. Manteneva quell'intimità da rifugio, da nascondiglio. Una fitta trama di passerelle che permettevano l'esplorazione delle travi, una giungla di legno tra le cupole in muratura della basilica e la sua copertura definitiva. Il tetto vero e proprio. Sopra, ma sotto. E anche in questo caso ci si poneva il problema di come strutturare questa visita, che di per sè era già avventurosa e stimolante. Parlare della Basilica e della sua storia era scontato, ma non completamente giusto, dato che la vera visita alla chiesa non l'avremmo unita a quel percorso, dovevano restare due cose distinte e gli argomenti dovevano restare complementari. Quindi quali erano le cose più particolari che solo attraverso quel percorso potevano essere messi in luce? La luce appunto. E di nuovo tornavano le eccellenze
di cui si era già parlato nell'altro itinerario. S.Petronio era una scatola cinese di record e di unicità. Da qualsiasi punto la si osservasse, per quello che era e per quello che sarebbe dovuta essere. Scatola, contenitore? Sì, anche. Infatti era ed è ancora, anche la più grande camera oscura del mondo. Ovvero la meridiana con effetto camera oscura, la meridiana indoor diremmo, più lunga che esista con i suoi 66,8 metri di lunghezza per misurare il raggio di luce proveniente dal soffitto e che si estende lungo i pavimenti di marmo della navata centrale. E nel percorso d'ispezione del sottotetto saremmo andati proprio davanti al buco d'ingresso della luce, il buco gnomonico. Che ci permetteva di spiare, come fossimo un raggio di sole il lontano pavimento della basilica, 27 metri più sotto. Quindi avevamo un grande elemento attrattivo che ci portava ad un'argomento molto interessante, la misura del tempo. Che ci portò ad interrogarci anche a come storicamente si era evoluta, ma come anche, con essa si fosse evoluta la percezione stessa del tempo per l'uomo. Fino ad assoggettarlo ad un ritmo sempre più frenetico e preciso. Quindi ecco qual'era il tema portante da seguire, anche questa volta banale nella sua ovvietà, il tempo e la consapevolezza che: Non c'è più il tempo di una volta. Avevamo un altro titolo su cui poter organizzare gli argomenti da raccontare. Facendo ricerche risultò subito evidente di come in passato ogni periodo storico, in realtà, avesse lo strumento adatto per le esigenze allora consuete. Quando il ritmo dell'uomo era governato dalle ore di luce solare disponibile e i lavori dipendevano dall'allevamento e dalla coltivazione per amministrarsi non serviva altro che guardare il cielo. Man a mano che ci si è civilizzati organizzandosi in centri cittadini sono nate nuove esigenze. Dalle ore canoniche dettate dai precetti liturgici al commercio che ci ha costretto ad organizzare il lavoro anche al chiuso, anche oltre agli orari di luce diurna.
Quindi, eliometri, candele votive, clessidre, fino agli orologi meccanici, hanno assolto al compito di scandire il ritmo dei ns impegni evolvendosi e mutando con essi. Addirittura, in epoca romana, non c'erano le ventiquattro ore, ma se ne contavano dodici. Il mezzogiorno e la mezza notte cadevano precisamente a metà del diurno e del notturno, quindi le ore avevano durata variabile a seconda del periodo dell'anno si arrivava ad avere di 75 minuti ed altre di appena 35 per consentire col variare delle stagioni di mantenere questi riferimenti. Oltre alle attività e all'esigenza di sfruttare la luce solare per svolgerle c'era anche la consuetudine del coprifuoco dettato da altre esigenze di sicurezza e che comportava il divieto di uscire. Tutte cose che ai nostri tempi sembrano assurde.
O no?